Il retail al tempo del coronavirus | Omnishopper
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business_as_usual

Il retail al tempo del coronavirus

L’effetto delle misure in Lombardia a causa del coronavirus (cinema, scuole, teatri, chiese, musei chiusi, manifestazioni sportive e sfilate di Carnevale sospese) si è riversato tra gli scaffali dei supermercati. Domenica 23 febbraio i supermercati nel Milanese, nel Lodigiano e nel Piacentino sono stati letteralmente presi d’assalto e svuotati. Scaffali vuoti, carrelli strapieni, persino qualche litigio per fare incetta di generi di prima necessità, cibo in scatola e confezioni d’acqua. Il tutto documentato dai social, con foto di scaffali svuotati e bancali senza merce. La stessa cosa è avvenuta nei supermercati online, come Amazon e Esselunga a Casa. Prodotti esauriti, consegne impossibili.

 

C’è, però, una variabile in più che riguarda Amazon, relativamente alle mascherine e ai gel igienizzanti, che sono andati a ruba nelle farmacie e nei supermercati offline e online. Di conseguenza i seller di Amazon hanno alzato i prezzi alle stelle. Le speculazioni più eclatanti hanno riguardato l’Amuchina, salita a oltre 100 euro, e le mascherine dal valore di pochi euro proposte a cinque o dieci volte il prezzo standard. Amazon è intervenuta in maniera tempestiva, allertando i venditori che partecipano al suo programma Seller, che sono venditori messi in condizioni di utilizzare la vetrina di Amazon pur gestendo in proprio tutta o gran parte della transazione. La “Politica sulla equità dei prezzi sul Marketplace Amazon” prevede d’altronde regole chiare: “Amazon controlla regolarmente il prezzo degli articoli presenti sul marketplace, inclusi i costi di spedizione, e li confronta con gli altri prezzi disponibili ai clienti – si legge nella sezione dedicata – se Amazon rileva la presenza di pratiche di prezzo che ledono la fiducia dei clienti, può decidere di rimuovere la Buy Box, l’offerta interessata, sospendere l’opzione di spedizione, o, in casi gravi o ripetuti, di sospendere o interrompere i privilegi di vendita.

 

 

Business as usual.

 

 

Molti retailer, però, in questo periodo soffrono. Quali potrebbero essere le possibili soluzioni? Una soluzione interessante è quella di Hong Kong, flagellata anch’essa dal coronavirus. E’ recente notizia che le autorità dell’ex colonia britannica verseranno un assegno una tantum di mille e duecento euro a tutti i cittadini maggiorenni, compresi gli stranieri con permesso di residenza permanente. Lo scopo è quello di risollevare il morale e il commercio e la speranza è quella che i cittadini escano di casa e ricomincino a spendere.

 

Un’altra soluzione, più originale e inaspettata, proviene dal sito porno X- Hamster che ha intenzione di regalare abbonamenti premium gratis a tutti i residenti in Veneto e Lombardia, Tehran in Iran, Daegu in Corea del Sud, Wuhan in Cina e Adeje sulle isole Canarie fino alla fine di marzo. L’idea è quella di dare un contributo affinché la gente resti a casa durante il periodo di quarantena, ma la trovata ha ovviamente anche uno scopo pubblicitario per la pagina di contenuti video hard.

 

In conclusione, in questi tempi molto difficili, il retail per contrastare gli effetti, anche psicologici, del coronavirus deve far ricorso a nuove idee, nuove e originali. Ciò, però, non basta. Ci vuole coraggio. A tale proposito viene in mente il cartello che il primo ministro britannico Winston Churchill vide appeso sulla porta di un negozio di barbiere, nella Londra appena devastata dai bombardamenti tedeschi della Seconda guerra mondiale. Il cartello recitava: “Business as usual” (“Si lavora come al solito”). A gestire quella bottega di cui Churchill fu così fiero, non era esattamente il prototipo del cittadino anglosassone, ma un tale di nome Pasquale Esposito, emigrato napoletano.