Paese che vai, consumatore che trovi
L’11 marzo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il coronavirus pandemia. Anche senza questa dichiarazione ufficiale, si era già capito da diverso tempo.
La cosa interessante è il comportamento del consumatore in questo frangente caotico e angosciante nei diversi Paesi del mondo. Vi sono comportamenti diversi, altri simili, molti del tutto illogici e irrazionali.
Iniziamo dai comportamenti diversi a seconda del Paese. In Italia, ovviamente, uno dei prodotti maggiormente andati a ruba dagli scaffali (fisici o digitali) è stata la pasta. Inoltre, complice la chiusura dei bar, tappa fissa nella giornata degli italiani, si sono vendute moltissime macchine del caffè, di ogni tipo, marca e modello. Negli Stati Uniti, Paese di cow boy, si sono viste lunghe code fuori dai negozi di armi, come se una pistola o un fucile potessero aiutare a debellare questo micidiale virus.
Sono più numerosi, però, i comportamenti simili. Preoccupazione o psicosi che sia, quasi ovunque si è assistito a scene di panico da coronavirus, e le persone si sono fiondate nei supermercati o sui siti di e-commerce per fare scorta di beni di prima necessità, prediligendo i prodotti confezionati a lunga conservazione rispetto a quelli sfusi. Vi sono state vere e proprie lotte, in tutti i supermercati del mondo, per una cassa d’acqua, quando essa, a ben vedere, continua a sgorgare sana e sicura dai rubinetti di tutte le abitazioni.
È l'animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi! (Seneca)
In tutto ciò possiamo osservare anche altre irrazionalità. Fare la coda, sebbene a un metro di distanza, e fare ressa all’interno di un supermercato potrebbero propagare il virus. I prodotti sfusi, debitamente lavati e cotti, sono, inoltre, molto più salutari di quelli confezionati.
Altri prodotti andati a ruba sono i disinfettanti, le mascherine, libri e dvd, dove a farla da padrone sono i cartoni animati, perché anche i bambini, senza scuola, vanno in qualche modo intrattenuti. Quello dei più piccoli è un grande business in questi giorni. Colori, pennarelli, videogame e giochi di società, anche per tutta la famiglia, magari per passare un momento insieme.
Altre esigenze, dettate dal prolungato periodo di quarantena, hanno fatto schizzare alle stelle la vendita di alcuni prodotti. L’esigenza di lavorare da casa ha fatto scoprire la necessità di avere al proprio domicilio, oltre a un computer, anche una stampante, toner, cartucce e risme di fogli di carta bianca. La chiusura di centri estetici, parrucchieri e palestre ha aumentato la richiesta di macchinette per tagliare i capelli, tinte per capelli, tutto il necessario per la manicure e di attrezzi per il fitness in casa, dai tapis roulant ai materassini da yoga.
Poi ci sono i prodotti che fino a qualche tempo fa erano assolutamente sconosciuti ai più. Il pulsossimetro, per esempio, è lo strumento che permette di misurare la quantità di ossigeno nel sangue, sentinella della sofferenza polmonare che caratterizza Covid-19.
Infine, c’è il grande mistero, l’isteria collettiva che non risparmia nessun continente e nessuno Stato, il timore di restare sprovvisti di carta igienica. I media statunitensi hanno dovuto assicurare i cittadini che non vi sarà un esaurimento di questo prodotto, nonostante l’aumento della domanda sia senza precedenti. Tuttavia, ciò non allevia il terrore dei consumatori e non frena la corsa all’accaparramento, per arginare la quale alcuni supermercati hanno stabilito che non si possa acquistare più di un pacco alla volta. Persino nel compassato Regno Unito la carta igienica va a ruba, e i supermercati hanno messo un tetto agli acquisti. Anche nella lontana Australia la carta igienica è diventata un bene agognato, al punto che la polizia è dovuta intervenire per invitare alla calma. Un video diffuso su internet mostra tre donne nella corsia di un supermercato di Sydney che si tirano i capelli, gridano e lottano per un pacco di carta igienica.
Questo comportamento è del tutto illogico se si pensa che per milioni di anni l’umanità ne ha fatto a meno, visto che si tratta di una invenzione piuttosto recente, comparsa nel mondo occidentale solo a metà dell’Ottocento grazie al newyorkese Joseph C. Gayetty.
Ciò che incuriosisce sono i possibili motivi di questa corsa alla carta igienica. Prima di tutto si tratta di un bene voluminoso, per cui i supermercati tendono a tenere scorte minime. Gli acquisti di quantità superiore rispetto alla norma hanno, quindi, svuotato in fretta le piccole scorte e generato scaffali vuoti.
La seconda motivazione è legata alla precedente. Secondo una psicologa australiana, la carta igienica è andata presto a ruba perché nessuno riesce a immaginare di poter vivere senza e, quindi, per le nostre menti è considerato un bene di prima necessità alla pari degli alimenti. Terzo possibile motivo è che, in un periodo di panico diffuso, la vista degli scaffali mancanti di un certo prodotto genera ansia e incita all’accaparramento.
La cosa più assurda, infine, è che la patria della carta igienica è proprio la Cina, dove fu creata nel XIV secolo, proprio quella Cina da cui nel 2019 è nato il coronavirus.
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